IL PRIMO LIBRO CHE CONTIENE TRE DIFFERENTI NARRAZIONI, OGNUNA AUTONOMA, OGNUNA CAPACE DI RAPPRESENTARE IL '900 CALABRESE E ITALIANO 

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Può un libro influire sulle coscienze?
Certo che sì!
Questo, cosi come tutte le modeste produzioni librarie e filmiche da me realizzate nel corso di circa quarant’anni, sono sempre state ispirate da questo proposito. 
Francesco Mazza

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 Secondo l’Enciclopedia Britannica “stream of consciousness”, o flusso di coscienza, è una tecnica narrativa che intende descrivere il flusso complesso di sensazioni, pensieri, parole che a volte, in maniera subliminale, influenzano la coscienza di un individuo. L’esempio forse più eclatante sono gli scritti di James Joyce e l’Ulisse in particolare, dove le parole acquistano significati diversi con variazioni emotive e linguistiche inaspettate.
Questa vuole essere la chiave della narrazione della collana “Terzo Regno”. I testi, diversi per i diversi personaggi narrati, gli aforismi, le brevi citazioni tratte dalle opere degli scrittori, le immagini, a volte chiaramente legate ai testi e a volte impressioni subliminali di un nuovo modo di legarsi alla narrazione, fondendosi diventano un flusso di coscienza unico. Sono tre differenti narrazioni racchiuse in un unico volume che autonomamente, ognuna con il proprio linguaggio, raccontano cento anni di storia non solo calabrese ma italiana e universale.
Questo nuovo stile narrativo è rivolto principalmente alle nuove generazioni, che usano media diversi per una forma di coscienza e conoscenza globale e che solo attraverso nuove forme di comunicazioni si può sperare di raggiungere ed incuriosire.
 

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 Lo scopo di questo volume è anche quello di tentare, con la complicità dei personaggi trattati, di raccontare la bellezza della gente che nella locride vive ed è costretta, per colpa di pochi discutibili individui ma anche di scelte politiche scellerate, sia nazionali che regionali, a subire, sulla propria pelle, le più ignobili e generalizzate etichette.  

Caratteristiche volume 

Terzo Regno - Parole come pietre e luci è un'opera editoriale ideata per promuovere la lettura degli autori calabresi, attraverso tre differenti narrazioni: brevi saggi, aforismi e fotografie.
Gli scrittori presentati sono Corrado Alvaro, Saverio Strati, Saverio Montalto, Francesco Perri e Mario La Cava

Collana editoriale a cura di
Francesco Mazza

Coordinatore scientifico
Aldo Maria Morace

Fotografo
Pino Bertelli

Testi
Aldo Maria Morace, Giusy Staropoli Calafati, Aldo Fiale, Giuseppe Italiano, Eleonora Sposato

Pagine: 236
fotografie: 95
copertina e sovraccoperta
Formato aperto: 270 mm x 430 mm

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Le fotografie sono state scattate con attrezzature Nikon

Alcuni estratti

 Dalla prefazione del  presidente del Consiglio della regione Calabria
on. Filippo Mancuso

...Convinti che nel passato della regione - a dispetto dei pregiudizi di chi vuole la Calabria terra di tapini lamentosi e, allo stesso tempo, degli atteggiamenti rassegnati di tanti calabresi che stentano a sfidare le difficoltà con un protagonismo generoso e solidale - ci siano risorse culturali immense per dare senso al presente. Risorse, materiali e immateriali, per avere fiducia nel futuro e che sarebbe un delitto sprecare.

 Dalla nota dell'editore
Francesco Mazza

...Solo le istituzioni, se si schierano, se animate di buone intenzioni e lo vogliono davvero, possono far iniziare, finalmente, un reale processo di cambiamento. ... Per gli scrittori che abbiamo voluto ricordare. Tommaso Campanella e Gioacchino da Fiore non sono passati invano: i nostri hanno avvertito la necessità di esporsi al pericolo, di andare contro l’ignoranza e l’ingiustizia con ogni mezzo e con ogni strategia possibile... Noi, chi aspettiamo?

 Dalla nota del fotografo
Pino Bertelli

... In Calabria ci siamo immersi in quella cultura millenaria che fuoriesce dai monti, dalle spiagge, dai volti di uomini e donne avvolti nel pensiero meridiano che li rende singolari se non unici per il loro intreccio meteco. Un popolo attraversato da sempre dalla miseria imposta e da insubordinazioni che lasciano il segno nelle pagine di storia. Baronie, chiese, mafie e stati hanno cercato di opprimere, sfruttare, vessare questa gente dell’accoglienza, della dignità, del coraggio che sin dalle rivolte del brigantaggio, ha mostrato una forza smisurata contro la fine del servaggio e la conquista dell’ingiustizia. Li chiamarono banditi… e invece erano dei partigiani che difendevano con le armi il diritto di avere diritti...

inizia così il saggio su Corrado Alvaro

L’infanzia e l’adolescenza e buona parte della giovinezza ― scriveva Alvaro in Memoria e fantasia ― rappresentano «l’inventario dell’universo». Pittori e scrittori hanno trovato «popoli interi di figure tra le poche persone del loro paese». Consapevole che con la sua generazione si spegneva tutto un mondo poiché la civiltà delle macchine stava creando una nuova razza di uomini, Alvaro concludeva che l’imperativo etico dello scrittore è di continuare a nutrire la propria arte con le intuizioni dell’infanzia e la leggerezza delle memorie che si riaccampano vive e vere al contatto con una realtà irrimediabilmente diversa.

Aforismi per Corrado Alvaro

“...Siamo usciti dal nostro paese, e ora non si può più tornare. Tutti quelli che escono dai nostri paesi non tornano più... noi siamo di quelli che non tornano, e di cui si pensa in paese che siano chissà dove, che stiano bene e godano...”

  “... Un giorno si dice di partire e si parte, e non si misura abbastanza che questo significa non tornare mai più...”

 “... Tutti vogliono partire, pensano di partire e di lasciare quello che chiamano il loro maledetto paese. E se un giorno hanno detto che partono è finita... soffriranno lontano, ma vogliono apparire fortunati.”

   “...Questa è la storia di quanti viviamo sotto il nostro cielo, e abbiamo cercato di farci una dignità e un decoro per la nostra esistenza...” (Mastrangelina)

inizia così il saggio su Saverio Strati

L’infanzia e l’adolescenza e buona parte della giovinezza ― scriveva Alvaro in Memoria e fantasia ― rappresentano «l’inventario dell’universo». Pittori e scrittori hanno trovato «popoli interi di figure tra le poche persone del loro paese». Consapevole che con la sua generazione si spegneva tutto un mondo poiché la civiltà delle macchine stava creando una nuova razza di uomini, Alvaro concludeva che l’imperativo etico dello scrittore è di continuare a nutrire la propria arte con le intuizioni dell’infanzia e la leggerezza delle memorie che si riaccampano vive e vere al contatto con una realtà irrimediabilmente diversa.

Aforismi per Saverio Strati

“Vorrei avere tanti libri, per leggerli. Leggerei dalla mattina alla sera, senza mai stancarmi, per imparare e sapere com’è fatto il mondo.” (Tibi e Tascia)

“Niente è cambiato per i poveri, vent’anni dopo la guerra! A comandare sono i padroni, da sempre: prima Giolitti, poi i fascisti, ora i democristiani che governano in nome di Cristo che offendono in mille maniere.”

  “Varrebbe la pena che i poveri decidessero a non fare figli. Le guerre chi le combatterebbe più?” (Il Selvaggio di Santa Venere)

inizia così il saggio su Saverio Montalto

Saverio Montalto è uno scrittore calabrese che nella sua opera più celebre – il romanzo La famiglia Montalbano, scritto tra il 1940 ed il 1945 ma pubblicato soltanto nel 1973 – ha raccontato organicamente la mafia della provincia di Reggio Calabria attraverso la descrizione di fatti accaduti nel 1918. Il suo vero nome è Francesco Saverio Barillaro, nato a San Nicola di Ardore, nella Locride il 19 febbraio 1898 e morto ad Ardore il 7 settembre 1977. Lo scrittore aveva partecipato alla prima guerra mondiale dopo la disfatta di Caporetto e, dopo i traumi di questa esperienza, aveva conseguito la laurea in veterinaria a Napoli. La sua vita, però, fu sconvolta da una tremenda tragedia familiare poiché il 17 novembre 1940 nel corso di un acceso litigio, nella sua casa di Bovalino, uccise a colpi di pistola la sorella Anna e ferì il cognato, che sottoponeva Anna a continui maltrattamenti, nonché la sua stessa moglie Iva.

Aforismi per Saverio Montalto

“Ormai tutto è cambiato e se per il momento non abbiamo tutto nelle nostre mani è questione di tempo perché l’avremo e allora guai a chi non sarà con noi. Tutti si devono convincere che se vogliono avere un po’ di comando debbono mettersi prima d’accordo con noi: assessori, sindaci, deputati, medici e avvocati e tutti quelli che vengono dopo” (La famiglia Montalbano) “

 Il pazzo non sa mai di essere pazzo e spesso non sanno distinguerlo neanche i signori psichiatri. Quanti e quanti savi, secondo loro sono pazzi, e quanti e quanti pazzi sono savi. E’ molto difficile stabilire un limite netto fra senno e follia. Non c’è stato uomo sulla terra, per quanto grande sia stato, che non abbia avuto i suoi momenti di follia. - Anche i saggi? - Anche i saggi. La loro saggezza non fu che un prodotto della loro, chiamiamola pure, sublime follia.” (Raptus)

inizia così il saggio su Mario La Cava

Nelle numerose interviste concesse a studiosi interessati a ricostruire la sua carriera, lo scrittore calabrese Mario La Cava amava sempre ricordare che l’anno della sua nascita, il 1908, era stato anche quello del grande terremoto di Reggio e Messina e che il terrore aveva accompagnato il suo arrivo sulla Terra. La famiglia La Cava appartiene alla borghesia di Bovalino Marina, un paese affacciato sulle coste dello Ionio. Rocco La Cava, padre dello scrittore, è maestro elementare e modesto proprietario terriero; la madre Marianna è una casalinga; e nell’ambiente familiare ricopre una certa importanza anche lo zio Francesco La Cava, medico e studioso di arte rinascimentale, dalla cui ricca biblioteca il futuro scrittore potrà reperire numerosi libri.

Aforismi per Mario La Cava

Non è necessario lasciare la propria terra per affermare il valore della propria creatività. In fondo chi decide di viaggiare, il mondo può solo guardarlo, mentre chi mette radici può capire di più il significato della realtà che lo circonda, può interpretarlo”. Sono le idee che devono viaggiare, più delle gambe degli uomini”
(da un intervista Gazzetta del Sud 1988)

Si fidava il bianco coniglio dei padroni e non aveva paura di nulla. Vedeva che lo trattavano bene, vedeva che lo accarezzavano. Mangiava nella loro mano, saliva sulle loro gambe nelle sere d’inverno, accanto al braciere, si faceva mettere per scherzo il piede sul collo. Rispondeva se lo chiamavano. Come pensare che la stessa mano che tante volte gli aveva dato da mangiare, in maniera così diversa e brusca l’avesse preso ora per le orecchie e con inaudita ferocia gli ficcasse il coltello nel petto?
(Caratteri 240)

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