Soglie di Dario Apostoli
Le foto di Dario Apostoli sono deserti urbani di abbacinante fulgore. Due sono le sensazioni intense che suscitano. La prima è il trovarsi a osservare, da vicino incredibilmente e senza protezione, la luce accecante di una gigantesca esplosione nucleare: quella luce che investe le cose, le consuma con una violenza che anticipa di un istante il vento atomico, il fuoco che tutto brucia e che, però, le cose che restano visibili sono ammantate di colori smaglianti, vibranti, vivi. La seconda sensazione è il vedere le immagini della realtà, ma come rivestita da una luce soprannaturale, vissuta come in un sogno piacevole e distaccato, come quello che descrivono le persone rientrate da un coma profondo. Che hanno in qualche modo sperimentato la morte, per poi ritornare di nuovo tra i vivi. Che hanno varcato quella incredibile “soglia” che separa universi paralleli e incomunicabili.
In ogni fotogramma di Dario Apostoli, in ogni sua inquadratura e dettaglio colorato si nasconde la ferma e tenace volontà dell’artista di sospingerci fuori dal guscio. L’urgenza inflessibile di farci emergere – con sorpresa, o magari fastidio, o persino sofferenza – dalla passiva catalessi della nostra stessa ottusa e tirannica incoscienza, che vorrebbe tenerci a sonnecchiare nel rassicurante tepore dell’abitudine, evitandoci il trauma devastante di una dolorosa quanto improcrastinabile presa d’atto.